Il racconto del vino

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Ogni vino ci racconta una storia.

Prima di tutto è la storia delle sue origini, dei luoghi in cui è nato, delle terre che lo hanno generato e degli uomini che lo hanno prodotto. 

Sono storie ricche di umanità e di tradizioni ed è bello lasciarsi sedurre da questi racconti, lasciarsi accompagnare in un viaggio immaginario attraverso le terre del vino.

Quasi tutto il Piemonte conosce la vite e il vino. L'origine di entrambi risale agli antichi Romani che ne diffusero la cultura già più di 2000 anni fa. Da allora vino e vite hanno accompagnato la nostra storia.

I terreni e il clima si sono rivelati particolarmente favorevoli sulle dolci colline che dalla Pianura Padana salgono verso le Alpi, dove fertilità, giusta pendenza ed ottima esposizione al sole permettono basse rese di uve per produrre vini di qualità. 

Appena fermentata l'uva diviene vino da custodire gelosamente nei tini, in attesa della sua maturità. Anche qui la natura ci richiede pazienza, cura ed attenzioni particolari per custodire con saggezza ciò che essa ci ha dato. 

Una volta pronto e portato in tavola ciascun vino rivendica la sua individualità, vuol raccontare la sua storia! Innanzitutto la paternità del vitigno: Nebbiolo, Barbera, Dolcetto, Grignolino, Moscato, Cortese, Arneis sono fra i più importanti. Ciascuno con spiccate caratteristiche distintive quasi mai mescolate tra loro secondo la tradizione piemontese che predilige la purezza dei vitigni. 

Ecco allora che i vini principali portano il nome dell'uva stessa e ogni vitigno ha la sua zona tipica che ne delimita il territorio maggiormente evocato. Si parlerà cosi di zona del Barbera" o "zona del Dolcetto" o di piccoli gioielli come le zone DOCG (Denominazione d'Origine Controllata e Garantita) di Moscato, Barolo, Barbaresco e Gattinara. 

Questi vini ci parlano naturalmente anche dei vignaioli, gli uomini che curano il vigneto e la trasformazione dell'uva. Molti di loro, o i figli, hanno studiato enologia, conoscono le tecniche e sono diventati abili imprenditori. Ma tutto questo non servirebbe a nulla se non ci fosse il solco della tradizione e dell'esperienza che ci fornisce i punti di riferimento sui quali evolversi con innovazione e fantasia.

L'uomo rimane dunque protagonista del vino e del suo farsi e il ritmo del lavoro rimane artigianale, condizionato dalla natura, dal tempo atmosferico, dagli usi e dai gusti. Tutto questo ci conforta per il fatto che il vino non è mai casuale ne banale. Il vino è sempre portatore di valori del gusto della cultura alimentare. In una parola, il vino è civiltà.


Le stagioni della vigna

Il lavoro della vigna è quello più vicino alla natura, il più affascinante per scoprire le origini del vino ed apprezzare le fatiche di chi lo produce. Si inizia verso la fine dell'inverno, quando il tiepido sole di febbraio e marzo scioglie la neve e si può effettuare la “potatura”. Una potatura “corta” che lasci 8-10 gemme sarà garanzia di una produzione limitata ma di migliore qualità. 

Nelle settimane successive si passa tra i filari a controllare pali, canne e fili di sostegno e a sostituire quelli che si sono rotti durante l’inverno. 

Con la “legatura” il capo a frutto dei tralci viene piegato e legato al primo filo, in modo tale da conferire uno sviluppo ordinato alla futura vegetazione. 

In seguito si passa con il trattore tra i filari prima per trinciare i sarmenti lasciati durante la potatura, poi per la concimazione. 

A giugno si compie la "scacchiatura", operazione che consiste nell'asportare dal capo a frutto i germogli doppi, in modo da equilibrare la produzione della pianta. 

All'inizio dell'estate, quando i tralci iniziano ad essere rigogliosi, si procede alla "legatura": con apposito filo si legano i tralci al loro sostegno, in modo che si sviluppino ordinatamente verso l'alto senza rompersi. 

Quando i tralci superano in altezza i loro sostegni e tendono a ripiegarsi verso l'interno del filare, con la "chinatura" si piegano lungo il filo di ferro più alto oppure si effettua la "cimatura", che consiste nel tagliare e gettare a terra le punte sporgenti dei tralci, poiché queste non influiscono sulla produzione. 

Nel corso dell'estate si esegue una seconda "scacchiatura" per dare maggiore quantità di sole e di luce ai grappoli in maturazione. 

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Nello stesso tempo bisogna difendere l'uva da eventuali attacchi di parassiti e muffe con opportuni trattamenti "anticrittogamici". I principali nemici della vite hanno nomi strani come "Peronospora", "Oidio" e "Botrite" e il vignaiolo deve essere attento a identificarli e neutralizzarli prima che dilaghino. Perciò egli non può allontanarsi a lungo dai vigneti e durante l'estate segue con ansia la maturazione, scongiurando il pericolo sempre imminente della grandine.

Se tutto va bene la vendemmia, che incomincia verso metà settembre, è una bella festa che premia il lavoro di tutto l'anno. Si vendemmiano le uve più precoci con il tiepido sole di fine estate e si termina con i Nebbioli verso metà ottobre quando, come dice il nome stesso, si alzano le prime nebbie d'autunno.


Le stagioni della cantina

Anche il lavoro della cantina è regolato dal ciclo delle stagioni. 

L'autunno è il momento più intenso, perché l'uva matura deve essere pigiata ilgiorno stesso della raccolta. Poco dopo i lieviti contenuti nell'uva iniziano laloroazionedi fermentazione del mosto, determinando latrasformazione dello zucchero in alcool.

Durante la fermentazione del mosto, che dura in media 5-15 giorni,il cantiniere controlla la temperatura delle botti, effettua i "rimontaggi" (rimescolamento del mosto e delle bucce) e al termine della fermentazione procede alla svinatura, cioè alla separazione del vino dalla parte solida delle bucce (vinaccia), che con la "torchiatura" potrà eventualmente venir distillata in grappa. Tutte queste operazioni tengono in costante tensione il cantiniere, perché eventuali errori potrebbero compromettere il lavoro di un anno.

Durante l'inverno il cantiniere procede alla colmatura delle botti per rimpiazzare il vino evaporato ed evitare il contatto con l'aria. Poi effettua i "travasi", cioè gli spostamenti del vino da una botte all'altra, per toglierlo dal contatto con la feccia che si accumula al fondo della botte.

In seguito il vino subirà una fermentazione secondaria che prende il nome tecnico di fermentazione "malo-lattica", poiché consta della trasformazione dell'acido malico in acido lattico. Il cantiniere si preoccupa che questo processo, per i vini rossi, avvenga sempre prima dell'imbottigliamento, poiché ne ammorbidisce l'acidità al gusto. D'altro lato, con l'aggiunta di anidride solforosa, fa in modo che non si verifìchi nei vini bianchi, dove l'acidità non è gradita.

Infine il vino deve essere "chiarificato" per renderne limpido il colore ed eventualmente “filtrato” per ripulirlo anche delle più minute impurità.

In primavera si procede all’imbottigliamento dei vini giovani, che non necessitano di ulteriore maturazione.

Vi sono però vini destinati ad un più lungo invecchiamento che deve necessariamente avvenire in botti di legno perché lo scambio di ossigeno che si verifica attraverso i pori del legno determina una lenta ossidazione, durante la quale il vino migliora sia il gusto che i profumi. L'uso di legni diversi permette poi di conferire caratteri specifici alla struttura gustativa del vino. 

L’invecchiamento in legno può durare fino a due o tre anni e si completa poi per alcuni mesi in bottiglia con un fenomeno detto “affinamento”, poiché da al vino il tocco finale di armoniosità desiderata. 

Vini di grande struttura come il Barolo, il Barbaresco e il Gattinara, seppure normalmente consumati nei primi dieci anni di vita, possono sopportare un invecchiamento anche molto più lungo, soprattutto nelle migliori annate. II cantiniere avrà cura di conservare queste bottiglie preziose in un ambiente asciutto, con poca luce e temperatura costante di 12-16 gradi. Le stesse avvertenze sono valide anche per il collezionista, che conserva questi vini nella propria cantina.


L'hobby del vino

Grazie alla sua complessità, alla sua individualità e alla sua attitudine a raccontare storie di terre e di uomini, il vino coinvolge anche il consumatore finale in maniera più profonda di molti altri prodotti. Per alcuni il vino diviene un hobby con il quale impiegare il tempo libero. Pensiamo ad esempio alla tradizione di farsi il vino in casa: essa richiede uno spazio apposito ed un discreto investimento di denaro per comprare l’uva una piccola macchina pigiatrice, alcuni vasi vinari per la fermentazione e la conservazione ed infine una macchinetta tappatrice. 

Questo hobby richiede anche una certa disponibilità di tempo sia per svolgere tutte le fasi della vinificazione e seguire quotidianamente l'evolversi del vino che per prevenire e correggere eventuali alterazioni del vino. Uve non perfettamente sane o errori di vinificazione possono portare a difetti come odori sgradevoli, intorbidamenti, acetifìcazioni o precipitazioni di sostanze chimiche in forma di deposito solido. 

Per evitare tutti questi problemi può essere più semplice acquistare un vino già fatto, portarlo a casa in contenitori sfusi come le tipiche damigiane e dedicarsi all’hobby dell’imbottigliamento.

Anche l'acquisto del vino in damigiana è una tradizione tipicamente piemontese: richiede solo una piccola cantina e poche attrezzature. Le avvertenze in questo caso saranno solo quelle di imbottigliare il vino nei giorni immediatamente successivi all'acquisto e di usare bottiglie nuove o ben lavate. È naturale che il vino imbottigliato in casa è solo per uso privato e non può essere venduto. L'abitudine dell'imbottigliamento privato riguarda soprattutto vini da tavola destinati all'uso quotidiano.

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La maggior parte dei vini DOC (Denominazione d'Origine Controllata) e di maggior pregio si commercializzano solo in bottiglia. Oltre alla comodità di reperimento, trasporto e conservazione, la bottiglia offre garanzie di legge attraverso i dati obbligatori riportati in etichetta. Per tutti i vini DOC sappiamo la denominazione esatta del vino, il nome e l'indirizzo dell'imbottigliatore, la zona di origine, il grado alcolico e l’ annata.

Molto spesso i produttori aggiungono dati non obbligatori ma importanti come il nome del vigneto dal quale provengono le uve (detto in francese cru) o la quantità di bottiglie prodotte. Il consumo del vino in bottiglia permette anche di cambiare più spesso tipologia di vini, assaggiare prodotti diversi provenienti da varie regioni e fare quindi interessanti confronti.


La degustazione e il servizio

L'ultima fase del nostro viaggio alla scoperta del vino è la degustazione, cioè l'incontro diretto con il prodotto finito attraverso le percezioni dei nostri sensi coinvolti nell'assaggio del vino: vista, olfatto e gusto.

L'esperienza del vino è soprattutto un fatto sensoriale e come tale rimane in parte soggettiva, legata ad aspettative e a predilezioni individuali.

Tuttavia ci sono criteri di riferimento molto precisi ai quali ci si può ispirare per rendere il più possibile oggettiva ed attendibile la degustazione. Si consiglia la scelta di un locale tranquillo, ben illuminato e senza odori estranei e una certa concentrazione da parte del degustatore.

Ogni vino deve essere servito alla giuste temperature: circa 12° per i bianchi e per gli spumanti; 15-16° per i rossi giovani e 18-20° per i rossi invecchiati. E molto importante che ogni vino venga servito nel bicchiere adatto, possibilmente di cristallo, poiché il giusto bicchiere valorizza il vino in tutte le sue caratteristiche. Se si tratta di vini invecchiati, sarà bene stappare la bottiglia alcune ore prima di servire e decantare il vino in un'apposita caraffa, in modo tale da ossigenarlo (favorendo lo sprigionarsi dei profumi) e da eliminare un eventuale deposito.

All'inizio della degustazione vediamo per prima cosa il colore, appoggiando il bicchiere su di una superficie bianca. Osserviamo la limpidezza, la natura del colore (ad esempio paglierino o rosso rubino o rosso granato ecc.) ed eventuali caratteristiche come l'effervescenza prodotta dall'anidride carbonica.

L'olfatto ci rivela gli aromi che vengono trasmessi direttamente dall'uva e i profumi che si formano durante la fermentazione e l'invecchiamento (ad es. profumi di frutta, di sottobosco, di bacche ecc.).

Il gusto si rivela in bocca lasciando gorgogliare per alcuni secondi il vino a contatto con l'aria. Si evidenzia così il gusto principale (la struttura del vino e le tonalità di dolce, acido o amaro con le infinite combinazioni) e poi il "retrogusto", cioè la sensazione finale che lascia il vino prima di essere deglutito. Nella definizione generale del gusto interviene anche la nostra creatività nel trovare le analogie e le formule più adatte per esprimere le sensazioni soggettive provate. La degustazione può così diventare un gioco interessante e creativo, fatto anche di scambio di opinioni con persone più esperte e con amici. E necessaria per educare il nostro "palato" e diventare bevitori consapevoli, anche senza diventare perfetti esperti.

Gli amatori del buon vino possono contribuire con la loro consapevolezza alla cultura della qualità.